Il tredici di luglio ho cominciato ad aspettare il primo di settembre. Domani è il primo di settembre, e vorrei fosse già martedì sera, quando sarà il due e io sarò su un treno.
Per me settembre rappresenta il nuovo inizio, sebbene l’anno, da qualche anno, cominci ad ottobre. Agosto se ne sta andando eterno e velocissimo, in una solitudine che mi sono imposta ma in cui forse, invece, mi sono ritrovata mio malgrado.
Domani prenderò un treno che potrebbe cambiare qualcosa; domani prenderò un treno che credo non cambierà niente. Non so come mi sento. Vorrei non sentirmi.
Martedì sarò felice e farò progetti. Poi mi riavvicinerò a una parvenza di vita sociale, di quella che nell’ultimo mese mi sono negata- o che mi hanno negato, che voglio ritrovare o forse invece no.
Da due giorni sono sola in casa, non vedo persone, mangio quando voglio, resto più a lungo a fissare il soffitto. Sembro triste, non lo sono, ho cento idee e le sento scoppiare; ho bisogno che arrivi martedì sera, perché solo allora l’impasse finirà, e come per incanto riavrò la vecchia vita.
Non capisco più la gente- non l’ho mai capita. Negli ultimi sei mesi ho perso più persone di quante ne abbia conosciute. Ma sono più forte, corazzata, sono un blindato e adesso basta, basta corazze e lasciatemi in pace.
Finirà, ricomincerà, andrà bene.
Tornerò alle passeggiate, ai miei piani, alla mia vita fatta di incastri. Ho atteso cose che mi entusiasmavano. Ho atteso cose che mi hanno ingabbiata in una rete di possibilità irrealizzabili; è come un baratro, un baratro infinito, il baratro kierkegaardiano. Un baratro dolce in cui è bello cullarsi ma da cui è giunta l’ora di uscire.
Martedì sarò felice, martedì riavrò i miei piani. I miei piani sono bellissimi, e io li aspetto già.
Sono i piani che ho sempre sognato. Sono i piani per cui mi preparo da anni.