Come sopravvivere a chi ci ferma per strada senza conoscere i principi basilari del marketing

Qualche giorno fa camminavo spensieratamente per raggiungere il centro di Perugia in compagnia della mia fida telecamera (risate di sottofondo); risalivo con fatica delle ripide scalette quando due tizi con 300 volantini mi hanno aggredita vomitandomi addosso un fiume di parole. Poiché nutro un’enorme tenerezza nei confronti dei giovani costretti a fare volantinaggio , mi sono fermata pensando ingenuamente di poter prendere una brochure e scappare. Si trattava invece del solito presidio di gente che raccoglie soldi per bambini dell’Africa/drogati/ gattini abbandonati,  che voleva le coordinate del mio conto  per effettuare prelievi automatici una volta al  mese. Ho urlato convinta ich spreche kein Italienisch!!!! e me ne sono andata a raggiungere i miei compagni di sventura che mi aspettavano più avanti.

Quando vivevo a Bolzano, in periodo mercatini (ergo a partire da novembre) l’intera città veniva invasa da pullman di case di riposo , turisti napoletani con le tute da sci, tedeschi ricchi che davano dolci in pasto ai piccioni e vagonate di loschi figuri che tentavano di sottrarre  danaro a  tutti questi soggetti, trincerandosi dietro improbabili società di beneficenza. Durante il primo anno, regalai a queste persone circa 30 euro, perché mi stalkavano e non capivo come liberarmene. Non ho ben chiaro dove siano finiti quei soldi, ma qualcosa mi dice che se li intascassero i diretti interessati per investirli negli arbre magique rosa che spacciavano per soli 10 euro al pezzo ad ogni festa della mamma (#truestory).

Dopo mesi e mesi di pratica a Berlino, la città con il più alto numero di attivisti assatanati al mondo, ho capito che per allontanarci indenni dalla categoria abbiamo solo tre possibilità: tanto per cominciare, possiamo fingerci minorenni. “Eh, mi spiace, ma mamma non mi permette di dare soldi a sconosciuti” “Ma hai i capelli bianchi, vivi ancora con la mamma?” “Io  sono un bamboccione  soffro di invecchiamento precoce e lebbanche impediscono ai cittadini di accedere alle cure e ora c’è il jobs act e ora…” e andate avanti da soli a delirare cose a caso, aspettando che i tizi si allontanino.

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Un uomo si lamenta ad alta voce del governo e della polizia

Sono tre notti che sogno una guerra e mi sveglio di soprassalto col cuore che mi batte; sono tre notti che sogno di fare delle cose bellissime in clandestinità. Dovevo prendere un aereo per andare a Berlino; dovevo finire di scrivere un libro; dovevo leggere poesie ad un gruppo di persone. Al buio, in cantina, con la paura di essere colpiti. Da una bomba, da guerriglieri che bussano di porta in porta.

Io che scrivo su un cartellone giallo “Ritornava una rondine al tetto, l’uccisero, cadde tra spini”; un colpo di arma da fuoco. Io che esco, per andare in aeroporto e vedo persone morte per strada. Io che tento di arrivare a fine pagina e non posso, sono venuti a portarmi via, dobbiamo scappare.

La verità è che mi sto accorgendo che ci sono persone che condizionano la mia vita con il loro giudicarla. E non hanno nessun diritto di farlo. Io però li temo e mi nascondo, e nascondo le mie scelte. Oppure li ascolto e penso per qualche secondo di aver sbagliato tutto. E non è giusto, perché non ho sbagliato nulla, perché non devo vergognarmi di non essere l’amica, la persona che vorrebbero. Una cosa tossica di cui credevo di essermi liberata e invece no.

You wake up and you can’t pretend a dream was just a dream again

Sto bene, sto benissimo, sono felice, succedono troppe cose belle perché io non possa esserlo. E a volte succedono cose brutte e oscurano questo sole e uno pensa che l’autunno finisce e torneranno i prati, invece anche nel momento migliore le spine sotto pelle fanno male. Vorrei pensare solo a quanto di splendido mi sta succedendo, concentrarmi sulle novità, essere fiera di me stessa, tornare a scrivere cose ironiche e divertenti qui sul blog e invece appena ho un momento in cui il mio cervello non è occupato, bussano i fantasmi.

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Raccontare la realtà per fotogrammi

Perché, in inglese, devo usare il maiuscolo per scrivere “io”?

A volte sbaglio e non so quanto sia grave. Quando firmo, a fine giornata, ho sempre la tentazione di usare il minuscolo.

Mi alzo alle 7, a volte anche prima, sono piena di cose, non ho tempo di scrivere.

Mercoledì ero al cinema e ho visto un film in italiano. Il secondo in due settimane. Non entravo da due anni in un cinema italiano. A fine giugno ho visto – con Sanja e la mia prof di tedesco- Über ich und du, per poi finire a bere birra in un cortile interno che uguale ad un cortile di un altro cinema a Perugia.

Sanjia era un po’ ubriaca.

“Quando ero piccola hanno ucciso mio padre durante uno scontro, in piazza”. In Croazia. C’era la guerra. Sanjiia ha la mia età.

“Per favore, lasciatemi morire in questa trincea”

Quando è morto il nonno di Sanja guardavo L’albero degli zoccoli e non capivo cosa dicevano. Olmi è uno di quei registi capaci di togliermi il fiato. Sul divano di casa, in un cinema minuscolo di Perugia. Cinematografo.

Lo dice anche mia nonna.

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