Home is where… (the fastest internet is)

La cameretta di quando ero bambina aveva il soffitto cosparso di adesivi a forma di stelle fosforescenti. Suppongo  le avessero attaccate i miei e suppongo di aver pianto segretamente quando le staccarono per riverniciare i muri. Da piccola avevo tantissimi problemi di insonnia, dividevo la stanza con mio fratello e inventavo storie guardando quelle stelle che sorridevano e facevano occhiolini.

La cameretta di quando ero bambina è stata la stessa per più di quindici anni: avevamo un armadio colorato, un divano letto, una scrivania enorme e una portafinestra che dava sul balcone. Si entrava da un corridoio lunghissimo in cui i miei gatti correvano come pazzi. Il salotto era bianco e nero e per qualche strano scherzo del destino, faccio fatica a ricordare la cucina.

Ebbi una stanza tutta per me quando ero già in quinta ginnasio. Nell’anno in cui ristrutturammo casa, l’Italia vinse i mondiali e noi passammo l’estate nel paese dei miei nonni. La mia stanza di casa è piccolina e rettangolare; trabocca di cose che mi appartengono a stento. Ho i libri del periodo giovane intellettuale accanto ai libri di Harry Potter. Nella foto più recente in cui compaio, raggiungo a fatica i 18 anni. Nell’armadio conservo vestiti che non metto più. C’è un cassetto con una quarantina di racconti e bozze di libri di vario genere. C’è un ritratto di una me bambina.

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Vacanze di Natale inserire anno a piacere

Nel corso della mia vita ho sempre contato su un mazzetto di cinque o sei verità inossidabili: credevo nell’infallibilità della sessuologa di Cioé, sapevo che Woody Allen avrebbe fatto un film all’anno, ero convinta che prima o poi regina Betty avrebbe abdicato. Purtroppo, negli ultimi tempi, il mondo ha deciso che le cose stabili sono noiose e anni Novanta e che tutto può essere stravolto, a partire dai connotati e dall’orientamento sessuale di Ridge Forrester.

Ora che i papi hanno iniziato a dimettersi, ora che Peppe ci parla di direttorio, ora che a New York si fuma sigaro cubano, non resta che una e una sola certezza: le dinamiche del Natale nel segreto del cerchio familiare. Ancor prima di salire in macchina e cominciare la routine delle abbuffate sono già pronta a lanciare una serie di previsioni sul modo in cui si svolgeranno queste giornate, sicura che mai potrò essere smentita.

L’unica novità, purtroppo, sarà l’assenza di mio nonno: dovrò prepararmi a dire addio alle filippiche contro la sorella cui faceva causa periodicamente, rinunciando a scambiare sguardi d’intesa con mio fratello per ricordarci che un giorno “manterremmo tutti gli avvocati del circondario, scannandoci con foga per il possesso di un  muro”. A fare le sue veci, ci sarà per la prima volta la badante rumena di mia nonna, felicissima di essere in Italia perché “è la patria di Albano e Romina”. Stravede per me perché ho vissuto in Germania, riempie i barattoli di sottaceti improbabili e guarda le repliche di Carabinieri sul canale quattrocentoqualcosa del digitale terrestre. Spero si ubriachi e cominci a inneggiare al ritorno di un regime comunista.

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Die schönsten Weihnachtsmärkte der Welt?

Qualche anno fa, per sbaglio, mi iscrissi  alla mailing list dell’Ente Germanico del Turismo. Era un pomeriggio di dicembre, nell’anno nero del calendario accademico a 320 trimestri, e per tirarci su il morale, Irene ci invitò a partecipare al fantastico concorso “vinci 3 biglietti per i mercatini di Natale più pelli di tutta Cermania“. Ovviamente non vincemmo un bel nulla, ma da quel giorno i “visit paesino di venti anime in mezzo al nulla” sono diventati più frequenti dei “firma la petizione per salvare le balene/ i gattini / il muro di Berlino/ i bambini ammalati di robe che farebbero saltare dalla sedia dottor House”.

Anche in questi giorni, quindi, mi trovo sommersa di classifiche sulle bancarelle davvero imperdibili, sui luoghi invasi da Lebkuchenduft, sugli artigiani che creano decorazioni che apparentemente sembrano piene di  erba cipollina, ma che a quanto pare sono fatte di rami di abete. Riconosco che nell’immaginario di certa gente, parole del genere possano scatenare una gioia pari a quella degli amministratori di Informazione Libera di fronte all’ennesimo link sul gruppo Rothschild che pilota le nostre scelte al ristorante.

La mia persona, però, riserva ai mercatini lo stesso odio che il perugino medio prova per Eurochocolate: da quando sono sbarcata a Bolzano, infatti, l’infausto fenomeno si è palesato in tutti i laghi e in tutti i luoghi, trasformando la mia diffidenza nei confronti del Natale in una sincera paura ansiogena.

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I’m glad I spent it with you

Insomma. Oggi è il 22 dicembre, questo mese non ho ancora scritto nulla, tra 3 giorni è Natale e io non me ne sono accorta. Stiamo per entrare nell’ultima settimana del 2014 ed ehi, 2014, ma dove sei finito? Mi sembra ieri che era estate, faceva freddo e mi sentivo la pioggia sulla pelle, al lago. Mi sembra ieri che ero andata a perdermi a Marzahn e poi ero arrivata a casa dopo aver camminato sette ore e non avevo capito come. Invece sono trascorsi tre mesi e la mia vita ha fatto un giro completo e io ancora stento a crederci; certe mattine mi sveglio e temo mi dicano che non è vero niente. Ieri camminavo per dei vicoli deserti e il cielo era azzurro come lo vedevo quando ero a Bolzano e guardavo le vetrine sprangate pensando che sì, è tutto molto bello. Molto folle. Molto bello.

Domenica scorsa bevevo vin brulé in mezzo a stradine piene di archi, con le botteghe aperte e i dolci in strada; ci hanno scattato una foto, come un ritratto di altri tempi. Ho avuto crisi, crisi profonde, che sono sparite non ho capito bene come. Poco fa io e mio fratello ci siamo ritrovati a cantare la sigla di Sentieri, perché quando eravamo piccoli mia madre guardava Sentieri e “You’ve given me the best of you, but now I need the rest of you” è stata una delle prime frasi che ho pronunciato in inglese. Pare sia pure una canzone famosa. E pare che nessuno abbia trasmesso la fine di Sentieri in Italia.

Ecco, questa premessa lunghissima serviva a dire che sono stata troppo tempo lontana da qui e non so bene da dove cominciare. Ho un mezzo milione di idee puramente casuali che mi frullano per la testa, quindi ho deciso che per compensare tutto questo assenteismo, tra oggi e il 15 gennaio 2015 pubblicherò almeno 15 post. Parlerò di mercatini di Natale, di pranzi di famiglia, di posti che ho visto, di libri che ho letto e di gattini.  Tirerò fuori cose che ho scritto tempo fa, che non ho mai tirato fuori per motivi che ho rimosso.

Dovrebbe essere una specie di regalo per coloro che mi sono stati accanto in questi 12 mesi. Un po’ mi ha fatto penare, questo 2014. Sta finendo meglio di come è cominciato. Sono felice di averlo passato con voi.

Adesso vado a piangere, perché mi sono ricordata che Lou Reed è morto. A presto pesto!