Downunder

Nella vita non avrei mai potuto fare la travel blogger (pur desiderandolo tantissimo) perché non sono metodica e tendo a perdermi gli obiettivi per strada. Coi miei tempi, il solito ritardo e il disordine che mi contraddistingue, però, vorrei raccogliere un po’ di appunti sparsi sul nostro viaggio in Australia; che sarebbe stato il nostro viaggio di nozze ma, grazie al covid e altri disastri, è arrivato con circa tre anni di ritardo: quindi potrei dire che questo post, pubblicato a più di un mese dal rientro, è in tono con l’intera storia.

Storia che -a prenderla da lontano- inizia a gennaio del 2019, quando decidemmo di trascorrere la luna di miele in Argentina col grande obiettivo di veder giocare Daniele De Rossi alla Bombonera; e anche di fare un giro nella Terra del Fuoco, dai. Poi l’Argentina andò in default e ci consigliarono di visitarla in tempi migliori.

Di qui l’idea dell’Australia, altro luogo all’altro capo del mondo, in cui saremmo dovuti atterrare a dicembre 2019 (nel bel mezzo della stagione degli incendi), col grande obiettivo di vedere i fuochi d’artificio di Capodanno sull’Opera House di Sydney e finire nelle riprese delle agenzie internazionali che il TG1 usa nell’edizione delle 13:30 del 31 dicembre per dire che tra mezz’ora dall’altra parte del mondo sarà già l’anno dopo.

Per vari casi del destino, però, finimmo per rimandare: il 1 febbraio 2020 prenotammo i biglietti per giugno, il 9 marzo Giuseppi ci chiuse e di lì è storia. Abbiamo passato i due anni successivi ad aggiornare la pagina della Farnesina in attesa che lo staff di Gigino ci comunicasse la riapertura delle frontiere, abbiamo esultato, il 21 febbraio 2022, davanti a ogni singola foto di ignari passeggeri intenti ad abbracciarsi accanto a mascotte di canguri nei vari aeroporti del continente, ho litigato per ore col sito di Qatar Airways nel tentativo di riscattare i nostri voucher, abbiamo finalmente riprenotato e trascorso i mesi successivi con l’ansia di contagiarci e non poter partire.

Alla fine, però, siamo effettivamente partiti. Non nego che per lunghi periodi ho pensato che non ce l’avremmo mai fatta.

Avevamo un itinerario bellissimo, che abbiamo limato, riadattato e ne è uscito un altro altrettanto bello anche senza la Nuova Zelanda maledetta che ha riaperto le frontiere proprio quando ormai eravamo già partiti. Direi che sì, è andata, è stato incredibile, per me è stata – letteralmente – l’alba di una nuova era, la gioia di ritrovare gli assembramenti, il coronamento di un lungo elenco di cose che non saprei neanche descrivere nel concreto, ma insomma: avrei pensato – e per una volta spero di riuscirci – di raccontarvi questo viaggio con metodo, in almeno un paio di post in grado di offrire – direi anche qui, per una volta – qualche consiglio concreto.

Intanto inizio a darvene uno: non prenotate MAI nella vita il menù vegetariano di Qatar Airways. Per qualche assurdo motivo, infatti, quelli che organizzano i menù sono convinti che, se non mangi carne o pesce, devi necessariamente essere una persona salutista. Ti preparano, quindi, dei tristissimi piatti speziatissimi, con sapori assurdi e verdure non identificate, da accompagnare col pane proteico e la frutta (dall’ottimo sapore di plastica). Ora, nel menù normale ti fanno scegliere tra 3/4 opzioni e ce ne è sempre una vegetariana, a volte anche vegana. Molto più invitanti del triste piattino che ti rifilano col menù speciale, accompagnati da dolcetti e focaccine; e no, non puoi scegliere una cosa normale se hai prenotato un menù vegetariano.

A un certo punto, quando per noi erano tipo le 4 di notte, dopo x ore di viaggio, mi hanno portato un’orrenda omelette di albumi d’uovo e spinaci accompagnata da peperonata in salsa agrodolce mentre al resto del mondo servivano la torta di albicocche. “Posso avere la torta anche io?”. “No, tu hai scelto il menù vegetariano”. Facciamo che mi sono sacrificata anche per voi, va bene?

E visto che stiamo parlando di aerei, mi sento pronta a stilare una classifica delle compagnie aeree che ci hanno accompagnato in questo viaggio in cui, mi dispiace per tutti i siti dei viaggiatori, Qatar Airways non è al primo posto (nonostante i miliardi spesi per realizzare il meraviglioso video delle procedure di sicurezza coi calciatori protagonisti, nonostante la possibilità di leggere il Corano, nonostante la bussola che ti indica La Mecca per tutta la durata del volo).

La scavalca, infatti, Fiji Airways, che ha, nell’ordine:

  • Il personale con la divisa più bella del mondo
  • Un video commovente di Benvenuti alle Fiji
  • Cibo pazzesco (veramente pazzesco)
  • La copertina nella stessa stoffa delle divise del personale
  • Orari di partenza intelligenti

Al terzo posto troviamo Jetstar, inquietante mix tra Ryanair e Easy Jet (hanno anche lo stesso foglietto con le istruzioni di sicurezza), con la stessa inquietante tendenza a fare 900 annunci inutili durante il volo. Riconosco loro, però: un jingle pazzesco, prezzi effettivamente convenienti, tante destinazioni. Ultimo posto, peggior compagnia con cui io abbia mai viaggiato ma proprio nella vita (peggio di quella che non aveva il sito con cui ci deportarono in gita di secondo superiore in Grecia, simpaticamente ribattezzata Bin Laden Airline): Virgin Australia (costa un sacco, ritardi assurdi non annunciati, neanche un bicchiere d’acqua a bordo con la scusa del covid. Anche qui, ci siamo immolati per voi).

Ma l’aereo non è stato l’unico mezzo con cui ci siamo spostati, anzi. Il viaggio è stato costellato di autobus, taxi del mare, catamarani, barchette in legno col motore della Yamaha su cui abbiamo rischiato la vita – e qui mi tocca anticipare l’ANEDDOTO (in capslock) della vacanza: potevamo concretamente morire mentre attraversavamo l’oceano su una barchetta di legno che trasportava me, Francesco, i nostri zaini, due “guys from the village” con le casacche dell’NBA e gli occhiali da sole, tre enormi tuberi non identificati e un forno sul tratto pieno di onde che separa una remota isoletta delle Yasava dalla main island alle Fiji (allego prova fotografica).

Qui è quando ho pensato di urlare “Terraaaaa” ma ero troppo paralizzata dal terrore per farlo

A essere onesti, abbiamo rischiato la vita anche sul volo di ritorno Sydney-Doha (mentre io guardavo ET l’extraterrestre per tranquillizzarmi), con scene similissime al Sydney-Los Angeles di Lost. Anche perché, diciamocelo, è stato Lost il vero fil rouge dell’intero viaggio.

  • Sul primo volo preso, Roma-Doha, ha viaggiato con noi un tizio in manette, scortato da due poliziotti con le valigette (uguale alla storia di Kate, se non fosse per il fatto che andavano tutti in Georgia e chiacchieravano amabilmente di come Putin e Zelenski vadano a cena insieme)
  • Per arrivare sull’isoletta alle Fiji siamo stati prelevati da un catamarano con una barchetta piccola identica a quella con cui gli Altri rapiscono Walt.
  • Le case del villaggio alle Fiji erano identiche alle case degli Altri
  • Uno dei capitani dei vari voli ci ha detto “Namastè”
  • Altre cose sparse che ora mi sfuggono

“Vuol dire che sono fuori dal club del libro?”

Fatta questa lunghissima premessa, sono qui a promettervi (senza obiettivi temporali che mi mettono ansia) maggiori dettagli tecnici e altri scoppiettanti racconti sul paese che fa le campagne elettorali più belle del mondo, che ha i giornali con l’agenda più assurda del mondo, i cui abitanti hanno elaborato una propria geografia dell’Europa (che li porta a chiederti spesso: “ma com’è la situazione della guerra? I russi stanno bombardando anche da voi? Non siete vicini all’Ucraina?”).

Per il momento, quindi, vi saluto, non prima di aver constatato quanto il mondo sia cambiato in questi ultimi tre anni e non prima di aver fatto i doverosi saluti e gli auguri per la nuova carriera a Daniele De Rossi e a questo punto, forse, anche a Giuseppi e a Gigino. A un’altra vita, fratelli!

Namasté!

 

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