Questa notte ho fatto un sogno strano. Ero seduta in riva al mare e tracciavo disegni con un rametto; poi il mare diventava un bosco, ero in una sorta di campo scout e accendevo un fuoco con una serie di persone che nella vita reale non hanno assolutamente correlazioni tra loro. Prendevo un foglio di carta, volevo scrivere qualcosa, e mi è uscita la parola ευδαιμονία. Così, con i caratteri greci. Mi sono svegliata e davanti agli occhi mi ballavano ancora quelle lettere. Ho acceso il pc, googlato la translitterazione, e mi sono ricordata che “eudaimonia” in greco antico vuol dire “felicità”.
In questi giorni mi sento proprio così: felice. Dopo il 2013, famigerato anno del no, dopo le prime settimane del 2014 costellate da piedi rotti, malattie, rifiuti e incidenti diplomatici, è iniziata una svolta da seconda metà del 2011. Improvvisamente sono successe tante piccole cose, non sempre necessariamente positive, che sono riuscite però a rivoluzionare il mio stato d’animo. E così ho imparato che un bicchiere di vino con un panino possono effettivamente regalare felicità, specie se accanto a te c’è una delle tue amiche più care con cui scambiare chiacchiere da principio di ebrezza, in un bar dove fino alla settimana prima andavi a mangiare in pausa pranzo.
E che per dare una svolta a una mattina in hangover si può fare un giretto in palestra, e osservare affascinata istruttrici sotto evidente effetto di cocaina che cercano di convincere un pubblico di vecchiette e giovani donne in post sbronza a fare salti mortali. Perché muoversi sentendosi ancora ubriachi è un’esperienza mistica, che uno tenti di ballare, di attraversare un’enorme città a piedi o semplicemente di passare l’aspirapolvere in camera ascoltando I want to break free e sognando di essere Freddie Mercury.