So where were the Spiders?

Una volta ho scritto una cosa che avrei voluto far diventare un libro. La protagonista viveva a Berlino, amava i gatti, faceva lunghissime passeggiate a piedi. Lavorava nel marketing ma sognava di diventare giornalista; provava a studiare russo e aspettava la Berlinale come fosse il suo compleanno. Nella prima scena leggeva un libro di Lilli Gruber e ascoltava a ripetizione una canzone di David Bowie. Quicksand.

La protagonista, non vi sarà sfuggito, mi somigliava molto. Anzi, oserei dire che la protagonista ero io. Mi era venuto quasi spontaneo cominciare quella storia; metterci dentro una multinazionale piena di gente che non parlava bene il tedesco e che voleva fare carriera a ogni costo.

Il bar con le lavatrici a Rosenthaler Platz, i casting per trovare casa, le feste sui tetti, le lunghissime chat su Skype con gli amici lontani. Niente smartphone, niente Whatsapp: nel 2013 non c’erano ancora. Avevo riempito svariate cartelle di open air estivi e di fiumi ghiacciati; poi, un giorno, mi sono trovata così poco interessante da premere un tasto e cancellare tutto.

Mi era bastato un click. Avevo preso in braccio il gatto e mi ero messa ad ascoltare Quicksand.

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