Ieri sera, al telegiornale, ho visto un servizio sulla metropolitana di Mosca. Qualche settimana fa – erano i primi di agosto – ho preso un autobus sostitutivo al posto della metro A, a Roma. Una signora, di Mosca, si lamentava del caldo, della folla, dell’amministrazione Raggi.
“Ma perché non fanno i lavori di notte, come tutti?”, mi ha chiesto esasperata.
Mi ha raccontato della metro di Mosca, che sembra un museo. Tutto è pulito, è come essere essere in un luogo tanto antico e -contemporaneamente – tanto nuovo.
“Sai – mi diceva – io sono cresciuta qui a Roma, ci vivo da anni”.
Soffriva di bronchiti e polmoniti, un medico l’ha mandata qui quando era ancora una bambina. Da sola. In Russia si ammalava sempre, non poteva andare a scuola o uscire di casa.
“Ora, ogni tanto, vado a trovare mia sorella. Abita fuori San Pietroburgo. Ora a Russia è bene, c’è Putin che regala soldi ai poveri”.
Sembrava crederci davvero.
Ho pensato a Putin, alla Russia, a quanto vorrei andarci. Ad Arco di Travertino, la signora ha firmato la raccolta firme per il referendum dei radicali. Risiede a Roma, io ancora no. Forse, chi sa, non ci risiederò mai.
Da ottobre – credo – riprenderò a studiare russo.
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