La mia scalata verso il gattino

I gattini sono il bene e posso affermarlo con certezza. Sono morbidi, fanno le fusa, ti aiutano a prendere i like sui social. Da bambina ho avuto in casa uccelli, pesci rossi e tartarughe ma nulla, nulla è divertente come un micino che gira in tondo per acchiapparsi la coda, o che si spaventa vedendo la sua immagine riflessa allo specchio; è per questo, credo, che ho trascorso interi mesi della mia infanzia a supplicare i miei genitori di prendermene uno.

Romeo e Stella sono arrivati in casa in un luminoso pomeriggio di inverno quando io non avevo neanche dieci anni. A mio fratello, che aveva gli orecchioni, diedero il privilegio di scegliere l’esemplare della cucciolata che avremmo adottato. “Ma guardalo, poverino, come potresti separarlo dalla sua sorellina?”. E infatti, per la gioia di mia madre, mio padre si caricò in macchina due gattini.

Questo cosino tenerissimo è Romeo (foto di una foto del 1999)

In quinta elementare la maestra ci fece fare un tema su quale fosse stato il giorno più bello della nostra vita. Io descrissi nei dettagli la prima volta che vidi Romeo e Stella sul tappeto del salotto. “Ma come, ti chiedono qual è il giorno più bello della tua vita e parli dei gatti?”. “Sì, mamma, ma ci avevano vietato di parlare delle vacanze, delle nascite dei fratelli, delle attività coi genitori e della prima comunione”.  (Non era vero mamma, scusa).

Mio padre non li voleva sterilizzare e soprattutto, era convinto che ogni tanto dovessero andare a giocare all’aria aperta. Così, una volta, Romeo scappò di casa (causandomi varie crisi isteriche) e lo ritrovammo solo dopo settimane. Era salito su un albero altissimo, chiamammo i pompieri e appena questi poveracci arrivarono in cima alla scala lui si gettò giù come una patata lessa, volò per svariati metri ed entrò da solo nel trasportino.

Continua a leggere