La leva hockeistica del ’68

Per trent’anni  di vita ho concepito come unica forma di sport le discipline ammesse ai giochi olimpici estivi. Poi un bel giorno ho iniziato a lavorare a Bolzano e ho scoperto che al mondo c’era davvero gente appassionata agli sport invernali. Ora. Nella mia personale scala di valutazione, gli sport più affascinanti sono quelli semplici, con poche regole, con poca attrezzatura. 

Gli sport invernali, in media, di attrezzatura ne richiedono tanta. Già qui il mio cervello tirerebbe una linea: eppure col tempo ho imparato ad apprezzarli. Ho vinto le mie resistenze verso lo sci (devi scendere velocissimo, vince chi lo fa in meno tempo), verso lo slittino (come sopra, ma con la slitta),  verso il pattinaggio (è come correre), verso il pattinaggio di figura (è come ballare), verso il biathlon (fai fondo poi spari), persino verso il curling (che alla fine si pone in modo simpatico, quasi come un fenomeno di costume). 

Solo uno sport resiste – granitico – a ogni mio tentativo di apprezzamento: l’hockey sul ghiaccio. Io ci ho provato, ma troppe variabili turbano il mio equilibrio. Non è uno sport popolare, ma vogliono vendertelo come tale. Per seguirlo, serve una laurea. Per praticarlo devi avere i soldi, ma non ha il fascino di uno sport per ricchi.

Con quest’analisi potrei rischiare il posto di lavoro ma in fondo, per lavoro, dovrei mettermi contro i poteri forti. Quindi, senza paura delle lobby, procederò a esporre la mia tesi per punti.

L’eccessiva sovrastruttura

Persino Blue, la mia gatta, può prendere a calci una pallina. Non dribbla i cammelli del deserto, ma l’idea di base c’è. Di certo Blue non può colpire il disco con una stecca.

“A noi due Messi”

Persino Blue, la mia gatta, riesce a seguire con gli occhi (rapita) un pallone durante una partita di calcio in tv. Sebbene (mio malgrado) io abbia visto decine di azioni di hockey, il disco faccio fatica a vederlo anche al rallentatore. 

Il problema delle regole

Ho provato a copiare su Word il contenuto dell’articolo “Le regole dell’hockey sul ghiaccio spiegate in modo semplice”. Mi è uscito un documento di sette pagine. Non c’è mezza espressione in italiano, una roba che se li scopre un rappresentante a caso del governo Meloni mette tutto a bando (ecco, forse potrei scrivere una letterina al ministero del made in Italy).

Quando si fischia il fuorigioco? Perché a volte finisci in panca puniti senza aver fatto nulla, e a volte puoi toglierti i guantoni e picchiare l’avversario senza che nessuno batta ciglio?  Possibile che se prendi qualcuno a steccate sulla testa l’arbitro ti caccia solo per venti minuti?

Ecco, ammetto che per lo meno nessuno si butta per terra e fa scenate; ma è forse un caso che il regista di Close, vicino alla sensibilità della generazione zeta, indichi nella pratica dell’hockey sul ghiaccio la vetta più alta della scala Cristiano Ronaldo della mascolinità tossica?

Pur avendo, dal lato opposto, un croccantino, la campionessa sceglie la palla

Punteggi e schema dei tornei

Confesso di non sapere come funzionino le leghe americane. Quelle che sono obbligata a seguire per lavoro hanno smarrito ogni forma di senso logico. Si gioca 40 volte a settimana, nessuno ha mai lo stesso numero di partite, ai playoff ti scegli gli avversari. Non bastano le regole allucinanti, ti creano pure un torneo completamente incomprensibile. 

Sarà per questo che gli ultras dell’hockey si comportano come gli iscritti al liceo classico: odiano cioè i tifosi di qualunque altro sport, rei di non aver dovuto studiare abbastanza. Non perdono mai, inoltre, l’occasione per ricordare che loro tifano l’hockey e ribadire che “in Alto Adige ci siamo solo noi”. 

Il dramma dell’attrezzatura

Il lettore immagini i seguenti scenari

  1. Nino e Peppe si incontrano in spiaggia/sotto casa/al parco giochi e decidono di giocare a calcio. Occorrente: un super santos. Costo: dai 2 euro e 49 ai 12 euro, secondo l’inflazione. Possono giocare a piedi nudi, possono giocare senza campo, persino senza porta. Se non hanno i soldi, accartocciano dei fogli e ci fanno una palla
  2. Nino e Peppe si incontrano al parco e vogliono giocare a pallavolo/a basket. Occorrente: un pallone, una rete/un canestro, un genitore volenteroso che ne compri uno/un sindaco illuminato che piazzi le attrezzature su un pezzo di cemento. Costo: da poche decine a poche centinaia di euro. 
  3.  Hannes e Sepp si incontrano per giocare a hockey. Occorrente: dei pattini, una stecca, un disco, un lago ghiacciato. Facciamo finta che usino un sasso e un bastone, i pattini servono lo stesso e se avete letto “Pattini d’argento” da piccoli, saprete che anche nei paesi freddi i bambini poveri non hanno dei buoni pattini. Nell’inverno 2023, poi, non fa abbastanza freddo. Un genitore non può creare dal nulla una pista sul ghiaccio personale, qui serve almeno un sindaco. Che deve costruirla e manutenerla. Si sprecano acqua ed energia. Costo: migliaia di euro

Ora spiegatemi come è possibile che in Alto Adige ti spaccino l’hockey come uno sport popolare che si pratica all’aperto fin da bambini.

Pronta a battere un rigore (che nell’hockey si batte in movimento)

(Sì ma per i mondiali di calcio hanno costruito gli stadi in mezzo al deserto gnègnègnè. 

Certo, ma quello è il calcio miliardario, non il calcio di Nino che gioca nei quartieri spagnoli e usa il muro come porta e si scortica le ginocchia sul cemento ma si diverte lo stesso). 

L’hockey non è uno sport di periferia e non può essere uno strumento di riscatto sociale perché chi potrebbe mai scoprire che dietro a un bambino senza soldi per comprare una stecca e dei pattini c’è il più genuino talento mai nato?

L’atmosfera al palazzetto

Quindi, direte voi, è uno sport da ricchi. No. Non c’è nessuna traccia di sponsor di lusso. Non c’è un pubblico composto che muove la testa seguendo il disco e si limita a un “nooooo” se la squadra del cuore sbaglia. Non ci sono i binocoli e i cappellini. C’è un palazzetto rumoroso, la musica tamarra a mille decibel, la gente ubriaca. Di fatto, è chiaramente il classico sport americano con regole astruse che non capisci se non sei nato negli Stati Uniti d’America. 

Eppure nei film in cui i padri chiamano i figli campioni si gioca sempre a baseball o a football, l’hockey non lo calcola nessuno. Coincidenze?

Musicalità

Proviamo a dedicare un classico della musica italiana all’hockey.

“Neve sul tetto di un bel maso in costruzione

neve che cade sul lago già ghiacciato

e niente vento, fa troppo freddo

e tanto mica piove. 

Hannes pattina che sembra un uomo, 

con la sua stecca di legno dura

Dodici anni e il cuore pieno di paura.

Ma Hannes non aver paura,

di sbagliare un penalty shot, 

non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”. 

Dai, su. Non c’è margine per sognare. 

Dai, volete mettere

Grazie per aver seguito il mio ted talk. 

(Le opinioni riportate non rispecchiano quelle della mia organizzazione. Nessun gatto è stato maltrattato per la realizzazione di questo post).

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