Durante il mio primo anno di università decisi di andare a trovare la mia amica Rossella che studiava a Siena. A quei tempi ero molto più giovane e meno borghese di oggi, e pianificai senza paura un viaggio che mi aiutasse a ridurre il più possibile le spese.
Cominciai così l’odissea nella ridente stazione di Buco tra i Monti, salendo sul regionale della morte che con sole quattro ore e mezza mi avrebbe condotta a Bologna Centrale; anche ai tempi, purtroppo, il sito delle Ferrovie dello Stato non contemplava la possibilità di muoversi verso la Toscana senza prendere un Frecciarossa. Mi rassegnai quindi a sborsare dei bravi trenta euro per una mezz’ora di viaggio, prima di affrontare un nuovo convoglio infernale che con altre due ore e trecento fermate mi avrebbe portata a Siena.
Ovviamente il regionale della morte arrivò in ritardo a Bologna, e passai tre quarti d’ora con una simpatica donnina per tentare di cambiare in modo indolore la mia prenotazione; alla fine la signorina se ne uscì con un “tanto il controllore non fa in tempo a passare” e mi intimò di prendere il Freccia Rossa successivo con il biglietto sbagliato. Naturalmente, però, passai il viaggio a discutere con un simpatico controllore che continuava a ripetermi che avevo fatto una bischerata e voleva farmi la multa.
Lo tempestai al punto tale di parole che per sfinimento non me la fece. Scendendo dal treno, ricevetti i ringraziamenti di tre tizi che grazie al mio intervento avevano viaggiato senza pagare biglietto e senza nascondersi nel bagno. Ovviamente ero arrivata a Campo Marte e non a Santa Maria Novella; dovetti prendere un altro treno (Firenze ha più stazioni che abitanti), giungere alla meta, realizzare che avevo perso la coincidenza, e aspettare l’ultimo convoglio infernale un altro tot di tempo.